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  • Writer's pictureSilvana Campese

il diritto all'amore

Updated: Nov 27, 2022




tramonto e bicicletta con una persona che ne porta un'altra

Il bisogno sessuale non attiene solo alla sfera del corpo e del piacere genitale, ma riguarda anche il bisogno di relazione, di amore, di scambio. Tutto quanto, cioè, può avvenire in una relazione affettiva al di là delle barriere poste dalla disabilità, al di là dell’handicap! E, nella migliore delle ipotesi, di tale intensità e spessore da generare un progetto di vita. L’esperienza, oltre che l’approfondimento teorico dell’argomento, mi ha insegnato che le persone disabili hanno la necessità di soddisfare bisogni relazionali e affettivi rimasti piuttosto che l’urgenza di dare sfogo al bisogno sessuale strettamente inteso attraverso l’accoppiamento fisico. Il portatore di handicap deve quindi egli stesso andare oltre, non permettere all’ignoranza di amplificare la portata delle sue difficoltà e in primis accettare il proprio corpo con le sue limitazioni. Questo il primo grande traguardo. In molti casi è purtroppo difficilissimo ma assolutamente non impossibile.

Il nostro fu un incontro veramente speciale. Non par­lava alcun linguaggio decifrabile secondo i normali codici in­terpretativi, era costretto su di una sedia a rotelle a causa del­la tetraparesi spastica e della distrofia muscolare, aveva gran­di difficoltà nella masticazione e nella deglutizione e non sem­pre riusciva a controllare gli sfinteri. Ma la vivacità del suo sguardo e la forza della sua intelligenza particolarmente creativa mi calamitarono sin dal primo giorno che lo vidi, il­luminato come sempre dal suo sorriso raggiante e circondato dai suoi compagni di classe, tra cui mia figlia. La mae­stra aveva fatto appello a me, che ero la rappresentante dei genitori ed a qualche altra mamma che riteneva manovrabile più di me, per coinvolgerci nel suo ‘dramma’ e sostenerla nella battaglia che intendeva combattere al fine di liberarsi di lui. Era cascata proprio bene! Non avevo perso tempo in chiac­chiere e mi ero subito messa in contatto con la madre del ragazzino, pregandola di raggiungermi a scuola per conoscerci e parlare. Nell'avvicinarmi al gruppetto chiassoso e festante focalizzai la mia attenzione sulla esile e pallidissima donna che spingeva la carrozzella che mi parve subito non poter es­sere altri che lei, così anonima, scialba e malinconica. Ignorai tranquillamente la splendida bionda che rideva gioiosamente tra i ragazzini e gesticolava entusiasta rivolgendosi ora all'uno ora all'altro. Pensai si trattasse di un'altra mamma, probabil­mente amica della prima. Fu invece con grande meraviglia ed un non lieve imbarazzo che, nel presentarmi guardando l'una, mi rispose divertita l'altra. Due splendidi occhi d'un intenso e luminoso azzurro cielo mi sfavillavano intorno senza fer­marsi un attimo, attirati ora da questo ora da quello dei mille piccoli gesti e sorrisi dei bambini e, quando fu possibile ap­partarci per un attimo, mi resi subito conto di avere di fronte una persona esuberante, giovane ed aperta alla vita oltre ogni più ragionevole speranza, indipendente nello spirito almeno quanto io ero incasinata nell'animo e guerriera certamente quanto me. Dalla magia di questo incontro nacque poi la lun­ga storia che fece di lei per alcuni anni una delle mie più care amiche-sorelle e del figlio una grande fonte di affettività e di calo­re per chi, come me e mia figlia, ebbe ed ha la fortuna di cono­scerlo e di imparare a comprenderne la personalità ed il talento. Il che, tra l'altro, non è assolutamente difficile come sembra in un pri­mo momento e non richiede un grande sforzo perché un disabile come lui uti­lizza i pochi mezzi di cui dispone elevandoli al massimo espo­nente possibile e facilitando la comunicazione in modo sor­prendente. Tant'è che quando stavamo insieme parlavamo, ci confidavamo e ridevamo a crepapelle senza stancarci mai. L'impegno che occorse per la battaglia che intraprendem­mo insieme, l’amichetto disabile in primis, mia figlia, i bambini tutti, mol­ti genitori della scuola, la splendida bionda ed io potenziò la voglia di lottare per i miei ideali e per una giustizia che non fosse soltanto parlata. Mi stimolò ad una autocritica costruttiva e fertile di nuova progettualità e di nuovi entusia­smi. Ne venne fuori una rinnovata forza interiore e l'urgenza di investire energie e contenuti nel sociale, inaugurando un periodo di grande partecipazione in molteplici realtà fiorenti allora nel quartiere, sul territorio metropolitano e particolar­mente nell'istituzione scolastica. Non posso in questa sede narrare tutta la lunga storia che riguarda i grandi e meritevoli risultati ottenuti da quel disabile in ambito scolastico, sociale, professionale ed anche in campo affettivo e relazionale. Ma, poiché mia figlia ed io continuammo a frequentare casa sua anche dopo la scuola dell'obbligo, ebbi modo di conoscere altri casi analoghi e contribuire come e quando potevo alle iniziative e alle attività delle associazioni cui faceva riferimento la madre e cioè AIAS – Associazione Italiana Assistenza Spastici.e AID – Associazione Italiana Dislessia.


Mio fratello ha quattro anni meno di me. Ormai è anziano anche lui e comunque la differenza non è più così evidente come in quegli anni adolescenziali, quando io ancora non ne avevo diciassette, forse diciotto e quindi a me in famiglia erano proibite moltissime cose - all'epoca la maggiore età si raggiungeva a ventuno – alcune delle quali già al fanciullo, in quanto maschio, consentite. Comunque, per la cronaca, anche dopo i ventuno anni le restrizioni ed i divieti che toccavano a me erano ancora molti. Un episodio fu molto illuminante in quella fase della vita in cui iniziavo appena e molto confusamente un percorso di presa di coscienza che purtroppo sarebbe durato troppo tempo per salvarmi da 'scelte' sbagliate. Di quelle che certamente, col senno di poi, non avrei rifatto già a trent'anni. Alcune anche prima. Tutto gongolante come avesse di che vantarsi, mi confidò di aver avuto una esperienza sessuale 'completa' e mi disse anche dove, quando e con chi. La cosa mi turbò moltissimo, sia per il fatto in sé sia perché ad adescare lui e il suo 'compagnuccio di merende' erano state due "bonazze", come ebbe a definirle, cioè due ragazze circensi molto giovani e formose che per arrotondare le proprie entrate e più presumibilmente quelle di uno sfruttatore, si prostituivano o venivano prostituite con modalità alquanto insolite e comunque abbastanza occasionalmente. Insomma, pare che si fossero accontentate anche di poco, posto che i due ragazzotti non avevano con sé molto denaro. Mi sentii in dovere di riferire la cosa a mio padre, perché, pur pensando che si sarebbe preoccupato, credevo spettasse a lui decidere se, come e quando affrontare l'argomento con il figlio maschio. Io me l'ero dovuta cavare da sola, accontentandomi delle scarse fonti disponibili tra cui ovviamente non ci fu mai mia madre, alquanto pudica e puritana che, quando avevo quasi undici anni, alle mie domande sul parto rispose che i figli escono dall’ombelico. Ergo: pietra sopra. Ma questo è un altro discorso. Con cautela e pregandolo di non fare poi riferimento all'episodio dell' avventura nel carrozzone di un circo equestre, gli dissi quello che avevo saputo. Mio padre si gonfiò di orgoglio virile e quasi se ne compiacque... Un atteggiamento per altri versi omertoso, da sodale... Mi raccomandò di non dire niente alla mamma. Ne fui sconvolta. Per di più, fosse successo dopo gli anni '80, magari forse quanto meno avrebbe indagato circa l'uso della classica precauzione per difendersi dal contagio più temuto. AIDS... Ma si era solo alla seconda metà degli anni '60 e le malattie a trasmissione sessuale erano ormai quasi tutte e quasi sempre curabili se diagnosticate in tempo. E poi… la ragazza, per quanto già esperta, tanto da procedere disinvoltamente alla iniziazione del ‘cliente’, era giovanissima: a sentire mio fratello probabilmente sua coetanea. La faccenda, quindi, passò sotto silenzio o almeno così mi fu fatto credere. Però servì a dare al maschio iniziato una promozione in campo e di lì a poco gli fu affidato una copia del mazzo di chiavi, a cominciare ovviamente da quella del cancello esterno del palazzo. A me ancora negate. Al rientro dalla scuola ancora mi toccava chiederle al portiere. Persona in cui – mai capito perché – evidentemente mio padre riponeva più fiducia che in me. Anzi una massima fiducia… Le ebbi, le chiavi di casa – finalmente - solo a pochi esami dalla laurea. Dall’avventura nel carrozzone in poi e per vari anni furono molte le ulteriori verifiche di come e fino a qual punto i maschi - purtroppo non solo i maschi - tranne rare eccezioni, considerino un normale, dovuto servizio a pagamento la prestazione della prostituita. Comunque necessario per permettere agli uomini l'esercizio di un diritto. Il diritto a sfogare anche così la loro naturale, insopprimibile ed incontrollabile esigenza sessuale. Anche se in coppia, sposati ma – poverini! – insoddisfatti… Quindi non fu una sorpresa per me, una volta diventata più che matura, sentire mio padre, che aveva preso l’abitudine di confidarsi con la sottoscritta, che mia madre era sempre stata una donna ‘frigida’… Ma questo è un altro discorso. Forse…

Quindi, partendo da quanto premesso, questo diritto al sesso a pagamento non dovrebbe essere negato neanche ai disabili. In realtà c'è molto da discutere sulla questione del sesso come diritto. Certamente però le persone disabili oltre che le emozioni, i sentimenti e i desideri hanno corpi che, a parte i limiti dell'handicap, sono esattamente come quelli di tutti. Ma proprio quei limiti sono in molti casi di grande impedimento allo svolgimento di una normale vita sessuale, anche perché risulta difficile in primis e soprattutto quella sentimentale. Tra l'altro l’argomento non riguarda solo i maschi, anche se ha sempre avuto molto più spazio la tesi che il sesso sia un diritto maschile, per cui addirittura si è 'normalizzata' la prostituzione come prestazione lavorativa. Da qui in molte nazioni è stata istituita una figura 'professionale' preposta a somministrare il servizio al disabile. In Europa è già in vigore in Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svizzera. In Italia la faccenda è in progress... Ma non ho dubbi che ci si uniformerà. È molto più facile risolverla così... Invece penso che anche in questo ambito bisognasse da tempo, da molti decenni fa, incidere culturalmente molto più di quanto si sia fatto o tentato di fare: promuovere iniziative, creare spazi e strutture, stimolare scambi relazionali tra disabili e i così detti normali per favorire la dimensione sociale, amicale, affettiva, sentimentale con tutte/i. Il che, dove e quando realizzato, porta con sé anche la possibilità di una attività sessuale tutt'altro che assistita! Nel senso che si creano relazioni a volte talmente stimolanti e coinvolgenti che si può determinare anche attrazione nei riguardi della portatrice o del portatore di handicap. Inoltre il progresso tecnologico avrebbe potuto essere di grande aiuto per l'autoerotismo dei disabili ma evidentemente l'argomento è rimasto per lungo tempo di scarso interesse (economico). Oggi invece, poiché è sempre più in evidenza e alla ribalta la questione e c’è grande forza nel rivendicare il diritto al sesso, ci potrebbe essere un exploit!

Pensiamo a Nicholas James Vujicic: nacque nel 1982 a Melbourne e nel 2012 si sposò con Kanae Miyahara. Hanno avuto ben quattro figli. Nick, secondo me, è un grande esempio di ciò che può essere anche la vita affettiva, sentimentale e sessuale di un disabile. Quanto meno di chi non ha deficit mentali molto limitanti. Ma ancora più sorprendente è l’impegno ed il successo che ha avuto ed ha tutt’oggi, da famoso predicatore, direttore di Life Without Limbs, un'organizzazione per persone disabili.. La famiglia ed il contesto sociale non lo aiutarono subito a crescere e vivere con quanta pienezza fosse possibile ad una persona senza arti. Senza entrambe le braccia, e senza gambe eccetto i suoi piccoli piedi, uno dei quali ha tre dita. Inizialmente, i suoi genitori rimasero sconvolti per le sue condizioni ma riuscirono ad accettarlo. Non ha potuto frequentare la scuola tradizionale a causa del suo handicap, come la legge australiana richiedeva. Fortunatamente, durante il suo periodo scolastico, la legge fu cambiata, e Nick fu uno dei primi studenti disabili a frequentare una scuola normale. Imparò a scrivere usando le due dita del suo "piede" sinistro, e un dispositivo speciale che si aggancia al suo grande alluce. Ha anche imparato ad usare un computer e a scrivere usando il metodo "punta tacco" (come mostra durante i suoi discorsi), lanciare palle da tennis, rispondere al telefono e versarsi un bicchiere d'acqua (anche questo mostrato nei suoi discorsi). Ad un certo punto comprese che le sue condizioni erano di ispirazione per molte persone. Un punto chiave della sua vita fu quando sua madre gli mostrò un articolo di giornale che parlava di un uomo che viveva con grandi difficoltà dovute ai suoi handicap. Questo gli fece capire di non essere il solo a vivere con grandi difficoltà. Aveva diciassette anni. Di religione evangelico pentecostale, cominciò a parlare con il suo gruppo di preghiera, e successivamente fondò la sua organizzazione non-profit, Life Without Limbs. Regolarmente viaggia di paese in paese per parlare a congregazioni cristiane, scuole, meetings aziendali. Ha tenuto discorsi a più di due milioni di persone fino ad ora, in dodici paesi di cinque continenti. (Africa, Europa, Asia, Oceania e Nordamerica).

E che dire di tante altre persone che hanno dimostrato fino a che punto si può arrivare nonostante gravi handicap come, per esempio, tra le più famose, Frida Kahlo, Franklin Delano Roosevelt, Stephen Hawking, il nostro Alex Zanardi? La vita è un movimento volubile e multiforme, per dirla alla Montaigne. I rapporti affettivi possono essere qualcosa di esplosivo nell'organizzazione sociale. E dunque il diritto s'è proposto come strumento di disciplinamento delle relazioni sentimentali che non lascia spazio all'amore. Ma anche la politica ha contribuito ad anestetizzare i sentimenti. Per il diritto l'amore non esiste. Basti pensare che, nel 1975, quando finalmente arrivò il nuovo diritto di famiglia, che mise fine al modello gerarchico, alle logiche proprietarie subentrarono quelle affettive ma tuttavia anche in quella occasione il legislatore si trattenne di fronte alla parola amore: si parlava di fedeltà, collaborazione, ma non d'amore. Ma si può mettere la parola amore in una legge? Risponde Rodotà: “Qualcuno sostiene: più il diritto se ne tiene lontano, meno lo nomina, meglio è. Però bisogna domandarsi: il diritto non nomina l'amore perché lo rispetta fino in fondo o perché vuole subordinarlo ad altre esigenze come la stabilità sociale? Per un lungo periodo della storia italiana è stato così". Non può esserci felicità senza libertà e amore. Non può esserci felicità senza libertà di amare e di essere amati. Amore per sé, per gli altri, per la Natura, per il Pianeta, per la Vita! Nella nostra Costituzione, diversamente da quella americana, manca il diritto alla felicità, né si menziona da qualche parte il diritto all’amore, essendo viceversa l’Italia una Repubblica fondata sul lavoro, come sancito nell’art. 1 dei principi fondamentali. Lavoro che è diritto/dovere, ovviamente … Però all’art. 3 si legge: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per il pieno sviluppo della persona umana?! C’è una lacuna in questa affermazione di principio: la lungimiranza avrebbe dovuto suggerire ai nostri padri costituenti che occorreva precisare in dettaglio, magari in uno o più articoli a parte, se non tra i principi fondamentali – se no che principi sarebbero? - a quali ostacoli fa riferimento il dovere di rimozione da parte della Repubblica. Il fatto è che troppo spesso per i rappresentanti del popolo, per i nostri governanti, il primo comma dell’art. 3 è passato e passa inosservato. Come ben sanno, per fare l’esempio più eclatante, le donne che hanno dovuto lottare molto per ottenere leggi migliorative della loro condizione e che attuassero la piena parità e le pari opportunità costituzionalmente sancite. E lottano ancora e su molti fronti. Non è mai bastata la dicitura “di ordine economico e sociale” né per quanto concerne il diritto all’amore né per molti altri diritti, persino quelli sanciti costituzionalmente o in tempi successivi grazie alle durissime lotte di cittadine/i. Ancora molti gli ostacoli reali e di fatto che vengono negati in quanto tali e considerati effetti inevitabili di cause che non riguarderebbero secondo molte/i il diritto dovere di legiferare per eliminarne gli effetti ma hanno a che fare con la coscienza di ciascun individuo, con la natura delle cose, con i ruoli ed i limiti così detti naturali delle persone, per esempio delle donne, tanto per cambiare, ma anche delle e dei disabili, evidentemente… Hanno a che fare con la religione, persino con l’etica! Nonostante l’etica debba o almeno dovrebbe essere fonte ispiratrice di uno Stato di diritto. Non sono drasticamente e ideologicamente contro un iter politico/legislativo che porti ad una regolamentazione di realtà di fatto (come la maternità surrogata o il diritto alla sessualità per i/le disabili) ma auspico la realizzazione di normative che si occupino ampiamente, capillarmente del diritto all’amore di tutte/i. Il che significa innanzitutto massimo potenziamento e miglioramento delle condizioni e possibilità di vivere pienamente tutte le proprie potenzialità. Inoltre, l’amore, quello vero, può essere solo universale. I divorzi lo dimostrano, l’adulterio lo dimostra e lo dimostrano le famiglie allargate, aperte, chiuse, rifatte. Ne sono un sintomo, un segnale. Il crescente amore per la Natura, per gli animali (anche perché adesso è possibile divulgarlo) lo dimostra. Se sembra il momento di ridurci a chiedere di legalizzare nuovi tipi di supporti umani per portatori di handicap ovvero operatrici ed operatori con funzioni di assistenti sessuali, è perché ancora una volta vengono prese in considerazione ‘le pezze a colore’ e si simula progresso, altruismo, bontà ecc. Maledetto ‘buonismo’, come sempre più spesso accade! Si imbrogliano i discorsi, grazie al sotterfugio ‘santificato’ che camuffi con il plauso dei più fragili e loro annessi e connessi invece di risolvere o almeno procedere in quella direzione con impegno e determinazione. In realtà un nuovo mercato si sta aprendo, con giri di affari per nulla trascurabili se si tiene conto del contorno di agenzie di intermediazione e spazi privati. È anche di questo che dobbiamo discutere. Non credo rientri anche questo nel discorso/panacea a proposito di libertà.









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